Ecco una bella proposta di anello di mountain-bike nei pressi
di Chiavenna che riscuoterà sicuramente l’interesse di
amatori ed intenditori. Un anello pregevole dal punto di vista del percorso
e della panoramicità, non troppo duro ma sufficientemente impegnativo
per risultare interessante anche dal punto di vista atletico e sportivo.
Un anello che si svolge sul versante delle Alpi Lepontine ad ovest di
Chiavenna e che ha come punto di partenza ed arrivo Mese, il piccolo
comune che si trova immediatamente prima di Chiavenna.
Lo raggiungiamo, infatti, lasciando la ss. 36 del lago di Como e dello
Spluga, sulla sinistra, alla rotonda che precede l’ingresso in
Chiavenna. Possiamo, quindi, lasciare l’automobile nel centro
del paese, presso la chiesa di S. Vittore (m. 274), e cominciare a pedalare
in direzione di Chiavenna.
Attraversiamo, quindi, la cittadina del Mera e, alla seconda rotonda,
prendiamo a sinistra, seguendo le indicazioni per il passo dello Spluga.
Cominciamo, così, a salire in Valle di Spluga, circondati dallo
scenario aspro e selvaggio di versanti montuosi che sembrano incombere
sul fondovalle.
La
strada corre sul versante orientale (di destra, per chi sale), della
valle, e raggiunge, dopo poco più di 4 km, S. Giacomo Filippo,
che, per la sua importanza storica, ha anche dato il nome alla valle
medesima (si parla, infatti, di Valle di S. Giacomo, oltre che di Valle
Spluga). Ci accoglie la chiesa dedicata ai santi Giacomo e Filippo,
di origine antichissima visto che è menzionata fin dal 1119 e
che rappresenta il primo edificio sacro eretto nella valle.
Dobbiamo, però, stare attenti perché, prima che la strada
volga a destra, proprio in corrispondenza della chiesa, si trova, sulla
nostra sinistra, lo svincolo, segnalato, per Olmo, S. Bernardo e Sommarovina.
Una stradina ci porta, dopo pochi metri, al ponte (m. 508) sul quale
varchiamo il torrente Liro, per poi iniziare la salita lungo la strada
che conduce ai bei paesi di Olmo e S. Bernardo, posti, rispettivamente,
sulla sponda meridionale e settentrionale della bassa valle del Drogo,
laterale occidentale della Valle Spluga.
Nel primo tratto di salita incontriamo, sulla nostra destra, a 539 metri
di quota, la deviazione per il santuario secentesco di S. Gugliemo:
possiamo anche scendere a visitarlo, dal momento che si trova a breve
distanza dalla deviazione.
Ed
in effetti si tratta di un santuario che merita di essere visitato,
anche perché legato ad una tradizione che vuole questi luoghi
santificati dalla presenza, nel secolo XI, e quindi nel cuore del Medioevo,
di un eremita che si ritirò qui per dedicarsi ad una vita di
preghiera e rinunce. Si trattava di un eremita dal passato illustre,
in quanto era stato nobile cavaliere, al secolo Guglielmo d’Orange,
al servizio dell’imperatore Enrico IV. Siamo nei pressi della
confluenza del torrente Drogo nel Liro, ed il mormorio incessante delle
acque sembra riportare l’eco di remotissime preghiere.
Lasciamo la quiete di questo angolo raccolto per riprendere la salita.
Dopo un tratto in direzione nord (destra), troviamo un tornante sinistrorso,
che ci introduce ad un lungo traverso verso sinistra sud, al termine
del quale, a 690 metri, inizia una serie di brevi tornanti. All’undicesimo
tornante, destrorso, troviamo una casa denominata “Chesa Ladina”
e la partenza, sulla sinistra, di una pista sterrata, che si stacca
dalla strada asfaltata la quale prosegue per Olmo. Siamo ad 880 metri
e a 4 km dal ponte sul Liro; un cartello ci annuncia che la pista conduce
a Sommarovina, ed un’indicazione escursionistica segnala il percorso
D1, dando Sommarovina e Cigolino rispettivamente a 30 minuti e ad un’ora
e 15 minuti di cammino.
Da
qui parte anche un’ormai famosa gara di corsa in montagna, il
trofeo Simone Manzi, che si corre in agosto: ne seguiremo interamente
il percorso, su due ruote, prima di cominciare la discesa che ci porterà
a chiudere l’anello a Mese. Sulla nostra destra troviamo anche
un parcheggio, utile nel caso intendessimo provare il percorso della
corsa camminando o correndo, e quindi ci portassimo fin qui in automobile.
La pista sale gradualmente, procedendo in direzione sud-ovest, poi,
superata una cascatella, volge leggermente a destra e scende fino al
cuore della val Genasca, il cui solco si va approfondendo ad est del
monte Mater (m. 2415). Attraversato l’omonimo torrente, riprendiamo
a salire, piegando leggermente a sinistra e poi a destra, in direzione
est-sud-est e poi sud-est, fino ad un bivio. Alcuni cartelli ci segnalano
che la pista di sinistra raggiunge la Chiesa e la Foppa, mentre quella
di destra continua a salire verso le località Motta, Fontana
e Teccial.
È questa seconda la direzione sulla quale proseguire, ma non
possiamo mancare di allungare un po’ l’anello con una puntata
alla chiesetta di Sommarovina (m. 956), posta su un piccolo poggio in
una straordinaria posizione panoramica. Il dosso dei prati, infatti,
è
allineato con l’asse della bassa Val Bregaglia, che quindi si
offre, da qui, in tutta la sua suggestiva bellezza. Se ci poniamo alle
spalle della chiesetta e guardiamo verso est, cioè alla nostra
destra, riconosceremo subito la testata della Val Schiesone, che si
apre a monte di Prata Camportaccio (il comune che precede immediatamente
Chiavenna sul lato orientale della valle, di fronte a Mese), e mostra
la selvaggia e sinistra parete nord del pizzo di Prata (m. 2727), a
destra, ed il monte Beléniga (m. 2639), a sinistra. Proseguendo
verso sinistra, si distinguono alcune cime della testata della val Codéra,
vale a dire i monti Gruf (m. 2936) e Conco (m. 2908), la cima di Codera
(m. 2527) ei i pizzi dei Vanni (m. 2720). Fra queste due ultime elevazioni
è facilmente riconoscibile il marcato intaglio della bocchetta
della Teggiola (m. 2490), per il quale passa il confine italo-svizzero.
Poi, quasi d’infilata, la splendida successione di cime ben note
ai frequentatori della Val Màsino, viste però da una prospettiva
diversa rispetto a quella più familiare e nota della val Parcellizzo
e della valle del Ferro, e quindi non facilmente riconoscibili. Se non
lo si è mai visto in fotografia, per esempio, non è facile
riconoscere il celeberrimo spigolo della parete nord-est del pizzo Badile
(m. 3308), una delle vie che hanno fatto la storia dell’alpinismo,
così come non è facile riconoscere i pizzi del Ferro.
Chiude
la successione serrata di cime la splendida dorsale delle Sciore, che
dalla punta Cacciabella (m. 2980) sale alla Sciora Dafora (m. 3169)
ed alla Sciora Dadent (m. 3275), separate dal facilmente riconoscibile
Ago di Sciora (m. 3205). Se, infine, lo sguardo scende dalle cime al
piano, può riposare su uno splendido scorcio panoramico sull’abitato
di Chiavenna.
La località è davvero bella, a dispetto del nome, che
indica la sommità di un luogo scosceso e franoso. In effetti
i boschi a valle del poggio di Sommarovina sono ripidi e piuttosto selvaggi.
C’è anche la frana, ma più a sud, sul lato settentrionale
dell’ampio dosso Cigolino. La si vede bene dal fondovalle, ed
impressione per il suo ampio fronte: una ferita marcata nel cuore di
boschi compatti ed ombrosi. Torniamo, ora, al bivio, e prendiamo il
ramo di destra, salendo fino ad un secondo bivio: un cartello indica
che la pista di sinistra raggiunge le località di Motta, Teccial
e Cigolino, mentre quella di destra conduce all’alpe Fontana.
Potremmo seguire entrambe le vie. Quella di destra allunga un po’
il percorso, ma lo rende più completo. Se però abbiamo
necessità di rifornirci d’acqua, seguendo per un breve
tratto il ramo di sinistra troveremo una fresca fontanella.
Prendiamo, dunque, a destra: dopo un’ulteriore salita e qualche
tornante, raggiungiamo un nucleo di baite in parte semidiroccate, con
una bella fontana.
Qui
la pista termina, e lascia il posto ad un sentiero che, dopo un breve
tratto, nel quale dobbiamo scendere di sella, sale ad intercettare un
secondo sentiero che corre quasi pianeggiante, a 1048 metri. Si tratta
del Tracciolino, che ci consente, con il suo fondo buono (solo qualche
sasso, in alcuni tratti, ci impone un po’ di attenzione), ci consente
di risalire in sella e di effettuare la traversata verso sud, dal dosso
di Sommarovina al dosso Cigolino. Dobbiamo, quindi, prendere a sinistra.
Ben presto raggiungiamo il punto in cui il Tracciolino viene intercettato
da un comodo sentiero che sale dal nucleo più meridionale delle
case di Sommarovina.
Procediamo tranquilli in una selva silenziosa, fino a passare leggermente
e monte delle baite di Teccial (o Tecciato), a 1045 metri. Il colpo
d’occhio sulla bassa Val Bregaglia è ottimo anche da qui.
Sulla sinistra, in particolare, spicca la mole solitaria, massiccia
ed un po’ tozza del pizzo Galleggione (m. 3107), sul confine italo-svizzero.
Davanti al pizzo, in primo piano, il bel terrazzo dei prati di Dalò
(o Daloo), in cima ad un impressionante dirupo guarda Chiavenna. Rientriamo
nella selva ed in breve ci portiamo nel cuore di un valloncello poco
pronunciato, che invece, più in basso, si approfondisce nel solco
della valle dell’Inferno, che, come segnala il nome, non spicca
per luminosità o amenità. Qui, però, ci attende
una simpatica fontanella, e l’indicazione della partenza di un
sentiero che sale all’alpe Calones.
Ancora
qualche pedalata nella selva, ed ecco, alla fine, i prati settentrionali
del Cigolino, con i primi gruppi di baite a monte del tracciato che
stiamo percorrendo. Lasciamo alle spalle i prati ed affrontiamo uno
speroncino roccioso sul filo del dosso. Dopo aver superato la fascia
di rocce che ci stringono da presso alla nostra destra (qualche passaggio
è protetto a valle) ed ignorato un sentiero che si stacca dal
Tracciolino scendendo verso sinistra, raggiungiamo la sua fine in corrispondenza
di alcuni cartelli escursionistici, che segnalano un trivio: Sommarovina
è indicata a 30 minuti dal punto che abbiamo raggiunto, ed Olmo
ad un’ora di cammino; scendendo a sinistra, invece, possiamo raggiungere,
sempre secondo i cartelli, in S. Antonio in 20 minuti e Mese in un’ora;
salendo verso destra, infine, ci incamminiamo verso Prato Morello.
Sì, ma dove siamo ora? Alzando gli occhi, possiamo capirlo (o
forse no, se non siamo della zona): i ripetitori radio-televisivi che
si ergono novelle torri, come moderni simboli dei feudi dello spettacolo
e dell’intrattenimento, ci annunciano che questo è il dosso
Cigolino (Scigulìn), a monte di Mese. Siamo sempre ad una quota
approssimativa di 1045 metri e dobbiamo ora, per un breve tratto, scendere
di sella e salire verso destra, fino ad intercettare la carrozzabile
che sale fin qui da Mese.
Bene,
potremmo cominciare la discesa, tranquilla e senza, problemi, fino a
chiudere l’anello a Mese. Però, se abbiamo ancora tempo
ed energie, ci conviene seguire la carrozzabile in salita e portarci
a Prato Morello ed all’alpe Calones, dove termina. Si tratta di
salire per altri trecento metri, o poco più: la fatica, però,
sarà ripagata dall’incontro con luoghi bellissimi. Dopo
pochi tornanti, infatti, eccoci allo splendido terrazzo di Prato Morello.
Sul limite inferiore dei prati, a 1165 metri, è stata recentemente
eretta (maggio 2004) una cappelletta, la “nösa capeleta”,
come recita la targa posta dal gruppo degli alpini di Mese. Accanto
alla cappelletta, una bandiera posta due anni prima.
Splendido anche il panorama. A sud si apre al nostro sguardo l’intera
piana di Chiavenna, fino al lago di Mezzola. Ad est e nord est, di nuovo
l’imponente successione di cime dal pizzo di Prata alla testata
meridionale della Val Bregaglia; più a sinistra, ecco ancora
il pizzo Galleggione, buffo nel nome e nel profilo bombato; guardando
a nord-est scorgiamo uno scorcio, non molto ampio, per la verità,
della valle di San Giacomo. Portiamoci ora nella parte alta dei prati,
dove la carrozzabile con fondo in cemento termina: a monte di un gruppo
di baite troviamo anche una croce in legno, a 1261 metri.
Qui parte una pista sterrata, che prosegue in un bel bosco di larici,
conducendo prima alle baite della località Carlino, poi ai prati
dell’alpe Calones (m. 1400).
La
quiete di questi prati, le poche baite, la cappelletta discreta e quasi
appartata, sono la degna cornice nella quale si conclude la salita in
questa indimenticabile pedalata.
Si scende, ora. Tornati al Cigolino, proseguiamo nella discesa fino
alla località di Albareda-S. Antonio (m. 833), dove si conclude
anche la già menzionata la gara di corsa in montagna, il trofeo
Simone Manzi. Continuando la discesa, raggiungiamo, molto più
in basso, la sbarra che la chiude al traffico dei veicoli non autorizzati;
proseguendo ancora, troviamo una deviazione, sulla sinistra, che scende
leggermente (seguire il cartello che indica la via Peverello). Imbocchiamola,
fino a raggiungere le case della contrada Peverello, dove ci attende
un pezzo di storia legato alla famiglia dei Peverelli o De Peverellis,
una delle più illustri famiglie nobiliari della Valchiavenna:
da essa uscirono personaggi illustri che ne segnarono la vita civile
e religiosa. Il centro della sua potenza era il castello o la dimora
fortificata Piperellum, edificato forse nel secolo XII (1190), e distrutto
dai Grigioni nel 1500. Rimangono ora solo alcuni segni in questa contrada,
fra i quali il più importante è l'arco con uno stemma
nobiliare, che fu fatto restaurare nel 1963 da Bruno De Peverellis,
ed un cortile raggiungibile attraverso un arco a tutto sesto. Al castello
era annessa anche una chiesa, che poi venne ampliata nel secolo XVII
e rifatta nel secolo successivo. Tale chiesa, dedicata alla Madonna
delle Grazie, fa ancora bella mostra di sé fra le case della
contrada ed è meta di pellegrinaggi.
Bene,
tutto quanto questo bell’anello di mountain-bike poteva riservarci,
lo abbiamo visto: torniamo alla pista per l’alpe Scigulìn
e scendiamo fino a Mese, dove ritroviamo la nostra automobile. Una segnalazione
per gli appassionati dell’escursione: poco prima che la strada
raggiunga il centro di Mese, sulla sinistra troviamo la partenza, segnalata,
di una mulattiera che sale fino ad Albareda-S. Antonio, proseguendo,
poi, fino al dosso Scigolino, che si raggiunge dopo circa due ore o
poco meno di cammino.
L’anello di mountain-bike richiede, nella versione breve (che
non sale oltre il dosso Cigolino), circa due ore e mezza (il dislivello
approssimativo è di 770 metri), mentre nella versione più
lunga (che sale fino all’alpe Calones) circa 45 minuti in più
(in questo caso il dislivello sale a 1125 metri).