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Autore: M. Dei Cas
La
Val Fontana, posta sul versante retico fra la Val di Togno, ad ovest,
e la Valle di Poschiavo, ad est, è, in rapporto alla sua ampiezza,
sicuramente la meno conosciuta fra le grandi valli alpine in territorio
di Valtellina. Il conoide della Fiorenza, posto alla confluenza con
il fondovalle, ospita paesi ricchi di tradizione e storia, quali Chiuro
e Ponte, ma quel che si trova a nord, in direzione del confine svizzero,
resta ai più ignoto.
Eppure si tratta di una valle generosa di scenari suggestivi ed itinerari
escursionistici interessanti e remunerativi, una valle che offre anche
l’occasione per un elegante circuito di mountain-bike, privo di
tratti ostici o particolarmente tecnici, anche se, nel suo sviluppo
integrale, assai impegnativo (ma nulla vieta che sia percorso in forma
abbreviata).
Punto di partenza, il paese di Ponte in Valtellina, uno dei più
densi di storia e cultura dell’intera valle, importante già
fin dall’epoca della dominazione longobarda (il suo nome, infatti,
che troviamo nella prima testimonianza conosciuta in un documento del
918, che parla di “vico Ponte”, deriva dal termine della
lingua germanica “biunte”, che significa campo coltivato
e recintato). La sua fama fu, però, dovuta soprattutto alla presenza
della famiglia Quadrio, fuggita da Como nel periodo di maggiore asprezza
delle lotte fra guelfi e ghibellini, nel cuore del secolo XII. Ponte
divenne, così, il principale centro della fazione ghibellina
valtellinese, seguito da Chiuro, Sazzo, Castello dell’Acqua, Faedo,
Boffetto ed Albosaggia. Oggi è, però, probabilmente più
conosciuto per la produzione di mele che trova qui uno dei suoi territorio
di elezione.
Raggiungere il paese è facile: basta staccarsi sulla sinistra
dalla ss. 38 dello Stelvio, per chi la percorra da Sondrio in direzione
di Tirano, ad uno degli svincoli che si trovano poco oltre quello per
Tresivio. Sfruttando il primo di tali svincoli, possiamo salire verso
il paese senza entrare nel centro, e, passando a sinistra della solitaria
e ben visibile chiesa della Madonna di Campagna (costruita, a 448 m.
s.l.m., nel secolo XVI presso il cimitero ed inaugurata dal vescovo
di Como Feliciano Ninguarda nel 1593), percorrere via Europa fino alla
confluenza con la strada provinciale Panoramica dei Castelli che, attraversati
Montagna in Valtellina, Poggiridenti e Tresivio, passa sopra Ponte e
prosegue per Castionetto di Chiuro e Teglio.
La confluenza avviene presso la chiesetta di San Gregorio Magno, a 519
metri. Qui possiamo lasciare l’automobile ed iniziare a percorrere
il circuito, che prevede l’ingresso in Val Fontana per il versante
occidentale (di sinistra), la salita fino all’alpe Campiascio,
l’uscita dalla valle per il versante orientale, la discesa a Castionetto
di Chiuro ed il ritorno a San Gregorio sfruttando la panoramica dei
Castelli. Per salire in valle dobbiamo percorrere per un tratto la strada
panoramica verso destra, fino ad incontrare, a sinistra, la deviazione,
segnalata, per San Bernardo e la Val Fontana. Imboccandola,
saliamo, per un tratto, verso sinistra (nord-ovest), circondati da incantevoli
meleti, per poi piegare a destra e, ignorate alcune deviazioni a sinistra
(l’ultima è quella per la Val di Rhon), effettuare una
lunga diagonale verso nord-est. La diagonale ci porta alla trecentesca
chiesetta di San Rocco (m. 773), che ci permette di ammirare, sulla
facciata, due affreschi risalenti al Quattrocento e raffiguranti la
Pietà e l’Annunciazione.
Appena sopra la chiesetta, ci troviamo di fronte ad un bivio, al quale,
ignorando il ramo di sinistra, che sale verso San Bernardo, prendiamo
a destra, iniziando ad addentrarci nella valle. La strada, che taglia
l’aspro solco della laterale valle del Rio, è piuttosto
stretta e presenta qualche curva cieca, per cui occorre procedere con
cautela. In un punto, poi, tagliamo un impressionante fronte franoso.
Dopo un lungo tratto in salita, scendiamo leggermente, fino a trovare
una deviazione, a destra, che scende ad un ponticello sul torrente Valfontana.
Ignorata questa deviazione, proseguiamo rimanendo sul versante occidentale
della valle, fino alle baite della località Cevo, a 1026 metri.
Dalle baite raggiungiamo, poi, il ponte coperto di Premelè, a
1046 metri, ad 8 km dal punto di partenza.
Il ponte ci permette di passare sul versante orientale della valle,
dove la strada principale viene intercettata dalla pista che proviene
dal versante montuoso sopra Castionetto di Chiuro, e che sfrutteremo
per il ritorno. Fermiamoci
qui per un attimo e volgiamo gli occhi alle nostre spalle: ci appare,
in uno scorcio davvero suggestivo, la testata della Val d’Arigna,
dove si trova la più alta cima della catena orobica, il pizzo
di Coca (m. 3038). Alcuni tornanti in una cornice di prati riposanti
ci consentono, poi, di raggiungere la località di S. Antonio
(m. 1208), a 10 km dal punto di partenza. Qui troviamo alcune baite
ed abitazioni, che d’estate consentono una tranquilla villeggiatura.
Un cartello, ad un tornante destrorso, segnala che, scendendo, verso
sinistra, ad un ponticello sul torrente, possiamo imboccare una pista
che poi si fa sentiero e che risale il versante occidentale della valle,
fino a raggiungere San Bernardo. Nella parte alta della località,
sul lato sinistra, troviamo la chiesetta di S. Antonio. Sul lato destro,
invece, è visibile la partenza del sentiero che, attraversato
il solco della val Fràssino, conduce alla chiesetta di San Gaetano
di Dalico, sopra Castionetto di Chiuro. Il sentiero S. Antonio-S. Bernardo
e quello S. Antonio-S. Gaetano di Dalico sono due segmenti del Sentiero
del Sole, lunga traversata di mezza costa che da Montagna in Valtellina
porta a Tirano. La strada, sempre con fondo asfaltato, prosegue, oltre
S. Antonio, fino a raggiungere, a 12 km dalla partenza, la località
Campello, posta a 1412 metri. Nel tratto S. Antonio-Campello, guardando
in alto a sinistra, vedremo far capolino, nel solco della laterale val
Vicima, una vetta solitaria. Si tratta del pizzo Scalino (m. 3323),
posto al confine fra il vertice di nord-ovest dell’alta Val Fontana
e la Valmalenco.
A
Campello troviamo, sulla destra, in posizione leggermente rialzata rispetto
alla strada, l’ex-caserma di finanza intitolata al finanziere
Massimino Erler ed ora utilizzata come rifugio dell’Associazione
Nazionale Alpini (rifugio Erler). Sempre qui, ma sulla sinistra, troviamo
un bel ponticello che ci permette di tornare sul lato occidentale della
valle e di seguire una pista che ci porta alle baite ed ai prati che
si stendono, gentili, sulla parte terminale della laterale val Vicima.
Vista da qui, la valle offre uno scenario davvero suggestivo, ricoperta
com’è da una bella abetaia, che termina ai piedi di una
dolce sella. Sul lato opposto si trova un’altra valle laterale,
la val Còmbolo, che culmina nella bocchetta della Combolina,
per la quale si può scendere ad intercettare la mulattiera che
dal versante sopra Prato Talentino porta al passo Meden. Si tratta di
uno dei diversi itinerari escursionistici immeritatamente ignorati che
la valle offre.
Ma torniamo a Campello e riprendiamo la salita sulla strada che risale
la valle, con un fondo in terra battuta cui si alterna, in qualche tratto,
il cemento. Dopo altri 3 km di salita raggiungiamo la splendida spianata
del Pian dei Cavalli (m. 1549, a 15 km dalla partenza), che regala un
senso di rara serenità e dolcezza. Il luogo si presta per una
lunga, meritata e meditata sosta. E’ ben visibile da qui, in fondo
alla valle, una parte della testata, la sua sezione centrale, con le
cime di Vartegna (massima culminazione a m. 2732) e la bocchetta omonima,
che permette di scendere in Valle di Poschiavo. Sulla
nostra destra, invece, si apre il solco della Val Malgìna, che
culmina nel passo omonimo (m. 2619): dal passo, cui sale una bella mulattiera
militare che parte un po' a valle rispetto al piano, si può scendere
al bel lago del Matt ed all’alpe Pescia, in val Saiento (la prima
laterale occidentale della Valle di Poschiavo).
Torniamo al Pian dei Cavalli: la pista ne percorre il lato orientale
(di destra) e, superata l’alpe Ortighè, riprende nella
risalita della valle. Dopo circa due chilometri giungiamo alla parte
terminale del solco principale della valle, cioè all’alpe
Campiascio (m. 1680, a 17 km dalla partenza). Poco prima dell’alpe
oltrepassiamo il punto di confluenza, sulla destra, della laterale Valle
dei Laghi, anch’essa meta di una bellissima possibile escursione,
che porta a visitare il sistema di laghetti che culmina nel lago Gelato
(m. 2486) e che, attraverso il passo di Arasè (m. 2602), permette
di scendere in val Mürasc, sopra il lago di Poschiavo. All’alpe
Campiascio scende, invece, sempre sulla destra, l’ultima grande
laterale orientale, la val Sareggio: un’escursione in questa valle
ci permetterebbe di salire fino alla bocchetta di Sareggio, una delle
molte porte che si aprono sulla Valle di Poschiavo. Il sentiero per
le valli dei Laghi e Sareggio è, nel primo tratto, in comune:
poi si divide ed il ramo di destra porta alla prima, quello di sinistra
alla seconda.
Ma torniamo alla pista: questa termina in fondo ai prati dell’alpe,
dove un cartello segnala la partenza del sentiero che, sulla sinistra,
conduce in val Forame, al rifugio Cederna-Maffina (m. 2583), nello splendido
scenario della punta Painale, ad ovest (m. 3248), del pizzo Scalino,
a nord-ovest (m. 3323), della cima di Val Fontana, a nord (m. 3202)
e del pizzo Canciano, a nord-est (m. 3101). Ma
questa è un’ulteriore meta escursionistica: per chi sale
in valle con la mountain-bike, l’alpe Campiascio rappresenta il
punto più alto. Del resto, abbiamo superato 1160 metri di dislivello
in salita, ed il ritorno si impone.
Per un buon tratto, fino a S. Antonio, dobbiamo sfruttare la medesima
via di salita. Poi possiamo passare sul versante opposto (quello occidentale,
ora alla nostra destra), seguendo una pista sterrata che scende fino
al ponte di Premelè, passando, intorno a quota 1200, per i resti
delle discariche delle vecchie miniere di S. Margherita, da cui si estraeva
zinco e piombo, che venivano poi fusi a Chiuro. A Premelè, invece
di proseguire la discesa sul lato occidentale, cioè sulla strada
asfaltata, portiamoci sul lato orientale (ora sinistro), dove troviamo
una pista con fondo sterrato, che scende fino ad intercettare la strada
Castionetto di Chiuro-Dalico.
Dopo un breve tratto, alla prima briglia in cemento fermiamoci e guardiamo
in direzione del torrente: noteremo un grande masso, sulla cui sommità
si trova un incavo pronunciato ed un segno che sembra l’impronta
di una grossa mano (incavo ed impronta sono visibili, però, solo
salendo, con tutta la dovuta cautela, sulla briglia che si trova immediatamente
a valle del masso). Si tratta del masso del diavolo, detto anche masso
di S. Antonio: una leggenda, infatti, racconta che il diavolo l’avrebbe
scagliato da Dalico su Castionetto, indispettito dalla religiosità
dei suoi abitanti; il
masso, però, avrebbe preso una diversa direzione, raggiungendo
il punto in cui si trova tuttora, e qui sarebbe stato fermato dalla
potente mano di S. Antonio, prima che il diavolo potesse riappropriarsene
per mettere in atto il suo intento malvagio.
Scendendo ancora, raggiungiamo il ponticello che permette di riattraversare
il torrente e di risalire alla strada principale. Noi, però,
rimaniamo sulla pista del versante orientale della valle, che ora propone
un lungo tratto in cemento. Poi ritroviamo il fondo sterrato, passando
a monte delle baite Carbonare e salendo leggermente, prima dell’ultima
discesa che conduce ad intercettare la strada asfaltata che da Castionetto
di Chiuro sale a Dalico. Proseguendo su questa la discesa, al secondo
tornante sinistrorso troviamo, su un poggio alla nostra destra, la torre
di Castionetto (m. 689), che fu di proprietà del già citato
Stefano Quadrio e che è stata recentemente restaurata (maggio
2003).
Più in basso, incontriamo la contrada Maffina, la parte più
alta di Castionetto, prima di raggiungerne il centro e di intercettare
la strada panoramica dei Castelli. Percorrendola verso ovest (destra),
raggiungiamo il ponte che scavalca la forra terminale della Val Fontana
e ci riporta sul suo versante occidentale, a monte di Ponte in Valtellina.
Un ultimo tratto sulla provinciale ci permette, alla fine, di tornare
alla chiesetta di San Gregorio, presso la quale abbiamo lasciato l’automobile.
Il
circuito, quindi, si chiude, dopo circa tre ore e mezza, necessarie
per superare un dislivello in salita di 1160 metri. Circuiti più
brevi possono avere come punti di massima elevazione la località
Campello, S. Antonio o anche il ponte di Premelè.