LA LEGGENDA DI PRIMOLO
Amore e morte nel paesino sopra Chiesa Valmalenco (leggenda)
Testi a cura di M. Dei Cas
Uno
dei luoghi più ameni della Valmalenco è sicuramente il
paesino di Prìmolo (m. 1247), sopra Chiesa. Nella genealogia
fantastica dei luoghi di Valmalenco, Primolo, come Chiareggio, è
figlio di Chiesa e Màllero, ed ha come nonni materni Valmalenco
e Pizzo Scalino. C’è una leggenda molto nota legata all’origine
del suo nome e centrata sul tema dell’amore impossibile, che consuma
e che conduce alla morte. Amore e morte, motivo tipicamente romantico,
consegnato ad una storia semplice e commovente.
La storia inizia sul versante retico opposto a quello di Valmalenco,
dove Guglielmo, figlio del conte di Tarasp, si ribellò ai progetti
paterni, che lo volevano sposo della castellana Edda Kofer, personaggio
sinistro, in odore di stregoneria, sospettata di aver ucciso il marito.
Non era tempi nei quali ci si potesse tranquillamente opporre alla volontà
paterna, e Guglielmo dovette, quindi, fuggire, cercando riparo, al di
qua del passo del Muretto, in Valmalenco, giungendo proprio a Prìmolo,
per l’antica mulattiera del Muretto, di cui ancora oggi si può
percorrere il tratto San Giuseppe-Primolo. Qui incontrò una gentile
fanciulla, Mina, figlia di un contadino. Com’è facile prevedere,
nacque fra i due un profondo amore. Trascorsero, così, mesi felici,
ma la felicità non dura mai troppo a lungo. Nel
frattempo, infatti, era morto, consumato dal dolore per la fuga del
figlio, il padre di Guglielmo, e la notizia era giunta fino a lui, suscitando
un forte rimorso. Era combattuto fra il desiderio di rimanere con l’amata
e da quello di tornare per rendere omaggio al padre.
Alla fine si decise per la partenza, promettendo però a Mina
che sarebbe presto tornato. Erano queste le sue sincere intenzioni,
ma, e qui forse un destino beffardo ci mise lo zampino, tornato a Tarasp,
si fermò più a lungo di quanto avesse previsto. Passarono,
così, lunghe settimane, durante le quali ansia ed apprensione
si facevano sempre più forti nel cuore della fanciulla, finché
un giorno sfociarono nella disperazione: si era convinta che l’amato
non avrebbe più fatto ritorno. Uscì, allora, di casa,
si pose a sedere sotto un antico pino, in uno di quei bei giorni nei
quali l’inverno non è ancora terminato, ma pare allentare
la sua morsa, e tutto sembra incerto e sospeso, fra il gelo ed il tepore.
Era, forse, quella stessa incertezza cui non aveva retto: venne trovata
lì, morta e sorridente, immagine di un amore felice solo nel
sogno. Intorno al capo la neve si era sciolta, lasciando il posto a
violette e primule.
Fu proprio in quel luogo che venne eretto il santuario della Madonna
delle Grazie, e da allora il paesino di Prìmolo rimase indissolubilmente
legato al fascino di tutto ciò che, nel bene e nel male, è
primizia, il primo sogno, il primo dubbio, il primo dolore.
Il santuario, iniziato nel 1688 e terminato nel 1750, è, anch’esso,
legato al tema dell’amore, perché un’antica tradizione
vuole che fra le grazie elargite dalla Vergine alle fanciulle che si
rivolgono a lei con spirito di fede vi sia quella di poter trovare marito.
Il gesto in cui si manifesta l’umile richiesta è quello
di grattare il vetro che separa il fedele dalla statua della Madonna,
all’interno del santuario. La statua è circondata da numerosi
ex-voto, che raccontano delle grazie ottenute da fedeli che si sono
rivolti fiduciosamente a lei. Ma la Madonna di Primolo è famosa
anche per altre grazie.
Nel 1882, in particolare, operò un vero e proprio miracolo, salvando
il paese da un incendio che minacciava l’intero paese. Il parroco,
infatti, circondato dalla popolazione in preghiera, benedì il
pozzo al quale veniva attinta l’acqua con l’acqua benedetta
del santuario, ed ecco che, miracolosamente, da esso cominciò
a zampillare un getto copioso, che si riversò per le strade del
paese, spegnendo l’incendio. In ricordo di questo miracolo vengono
ancora accesi a Primolo dei fuochi, quando, la prima domenica d’agosto,
si celebra la festa della Madonna delle Grazie.
Primolo però, non è una meta ambita solo da ragazze con
problemi amorosi, ma anche da appassionati di mountain-bike ed escursionismo,
che trovano ottimi itinerari, in uno scenario naturale di grande fascino.
I bikers, in particolare, possono imboccare la comoda strada che parte
dal centro di Chiesa in Valmalenco e sale verso Primolo, fino ad incontrare,
dopo circa 2 km, in corrispondenza di un tornante destrorso, la partenza
della pista sterrata per l’alpe Lago, segnalata dal cartello che
indica l’alpe Lago ed il rifugio Bosio. Sulla pista, dopo il primo
tratto, si incontra una sbarra, perché è chiusa al traffico
dei veicoli non autorizzati.
Dopo una salita, dalla pendenza variabile, di poco meno di 4 km, raggiungiamo
il limite dell’incantevole pianoro dell’alpe, che deve il
suo nome ad un lago, ora prosciugato, ma presente ancora nel 1600, denominato
Mastabio ed assai apprezzato e conosciuto, anche dai pescatori. L’alpe
è posta a 1614 metri, per cui la salita, da Chiesa, comporta
il superamento di un dislivello di circa 650 metri.
Per chi fosse a piedi, la salita all’alpe rappresenta l’occasione
per un’ottima escursione. In questo caso conviene lasciare l’automobile
al tornande destrorso da cui parte la pista sterrata. Pochi metri oltre
l’inizio della strada si incontra un largo sentiero che se ne
stacca sulla destra. Si tratta di un sentiero molto panoramico, con
suggestivi scorci su Lanzada, Caspoggio e Primolo, dominati dall’inconfondibile
mole del pizzo Scalino. Verso nord ovest si distingue, infine, il profilo
del monte Braccia. Il sentiero si inerpica sul fianco del monte, intersecando
più volte la strada sterrata. Dopo un ultimo tratto di strada
sterrata o di sentiero, si raggiunge, alla fine, l’alpe Lago,
dopo circa un’ora ed un quarto di cammino. Il sentiero passa proprio
davanti alla chiesetta di S. Abbondio, per poi proseguire aggirando
l’alpe, raggiungendone il limite occidentale, dal quale si domina
l’intero pianoro.
Vale, però, la pena di proseguire nell’escursione, alla volta
del rifugio Bosio, in
Val Torreggio. Per farlo, basta proseguire sul sentiero, che attraversa
un ponticello e sale leggermente, consentendo una visuale più
ampia dell’alpe. Poi la salita si fa più decisa ed il sentiero,
dopo una radura, percorre un buon tratto in pineta. Raggiunta una seconda
radura, si ignora una deviazione, a destra, per l’alpe Mastabia
(m. 2077), cominciando una lunga diagonale che sale gradualmente, percorrendo
il lato settentrionale della Val Torreggio. Nella parte terminale della
diagonale si apre il suggestivo panorama della valle, dominato dai Corni
Bruciati, che la chiudono ad ovest. Alla loro sinistra si individua
l’intaglio del passo di Caldenno, che permette di scendere in
valle di Postalesio.
Uscito dal bosco, il sentiero raggiunge l’alpe Airale (m. 2097),
sulla quale sembrano incombere i Corni di Airale. Superata l’alpe,
il sentiero giunge ad un pianoro, ed improvvisa appare la meta, il rifugio
Bosio (m. 2086). Per raggiungerlo bisogna attraversare il torrente Torreggio,
utilizzando un bel ponte in legno, posato nel 1998 dai cacciatori. La
zona è bellissima: il torrente scorre, qui, placido fra grandi
massi, alle cui spalle è sempre più netto il profilo severo
dei Corni Bruciati. Dall’automobile al rifugio calcoliamo circa
tre ore e mezza di cammino, necessarie per superare circa 950 metri
di dislivello. Il ritorno, oltre che per la via di salita, può
avvenire anche dal lato opposto della valle; in questo caso, però,
punto di arrivo è Torre Santa Maria.
Le possibilità escursionistiche che partono da Primolo, però,
non si esauriscono qui. La più semplice e riposante è
la traversata a San Giuseppe, sull’antica mulattiera che collegava
Sondrio al passo del Muretto e, di qui, all’Engadina. La mulattiera
parte dalla bellissima pineta di Primolo, a nord del paese, attraversa
la parte bassa del fianco orientale del monte Braccia, scende sul Màllero
e si porta sul lato opposto della valle (quello orientale), salendo,
con un ultimo ripido tratto, a San Giuseppe (m. 1433). La traversata
richiede circa un’ora di cammino.
Torniamo a Primolo, per visitare il bel percorso-vita, ideale per una
rilassante passeggiata e qualche esercizio fisico guidato. Dalla parte
alta del paese parte anche un sentiero che si dirige verso sud-ovest,
raggiungendo un bivio: prendendo a sinistra si raggiunge l’alpe
Pirlo (m. 1600), dove si trova anche un microlaghetto, mentre prendendo
a destra si sale all’alpe Pradaccio (m. 1725), posta ai piedi
dell’aspro vallone di Sassersa, che introduce all’omonima
valle, nascosto regno di massi rossastri, un luogo quasi unico, nella
sua inquietante suggestione. Di qui passa la seconda tappa dell’Alta
Via della Valmalenco, per raggiungere, poi, il passo di ventina, scendendo,
per la valle omonima, ai rifugi Ventina e Gerli-Porro. Da Primolo all’alpe
Pirlo calcoliamo un’ora circa di cammino; per raggiungere l’alpe
Pradaccio è necessario un quarto d’ora circa in più.