IL SENTIERO DEI MISTERI
Sul far del tramonto, rivivono antichi misteri in Valle del Bitto di Albaredo (leggenda)
Testi a cura di M. Dei Cas
Un sentiero, un mistero, anzi, molti misteri, molti fatti arcani. In
valle del Bitto di Albaredo, nei luoghi la cui fama era legata, in passato,
ai commerci plurisecolari fra Valtellina e Repubblica di Venezia, ed
è ora legata alla produzione del più rinomato e pregiato
formaggio valtellinse, il Bitto, proprio qui troviamo un cuore oscuro,
due valli strette, incassate, profonde e tenebrose, le valli di Lago
e di Pedéna. In alto, questa seconda valle si eleva, luminosa,
fino al passo omonimo, che congiunge la valle di Albaredo con la val
Budria (ramo occidentale della valle di Tartano).
Ma più in basso il suo carattere cambia. La fosca suggestione
dei luoghi ha generato una leggenda, che da tempo immemorabile si racconta
in questa valle. Protagonista è un pastore, tal Dario Perlina
di Talamona, detto Sassello, giovane sicuro e baldanzoso. Lasciò,
una notte di fine estate, Albaredo, per ritirare una forma di Bitto
alla Casera di Pedena. Il campanile aveva appena battuto i due rintocchi.
La notte era nel suo cuore più profondo. Saliva lungo la via
Priula, e giunse alla sinistra val Viaga, infestata da streghe
che si divertivano a terrorizzare, con le loro grida impressionanti,
i viandanti. Qui è
posta una cappelletta, appena prima di un masso che incombe sul sentiero:
si dice che colui che non rivolge una preghiera alla Madonna, muore
in modo orribile, schiacciato dal quel masso che, posto lì dalle
streghe, si stacca, precipita sul suo capo per poi tornare al suo posto.
Il Sassello, che era sì baldanzoso, ma non imprudente e, men
che meno, impudente, si fermò e pregò la Regina dei Cieli.
Passò, quindi, oltre, ed il masso non si mosse. Solo, si udivano
provenire dal bosco suoni inquietanti, quasi risate agghiaccianti, che
parevano dire: non pensare di averla scampata! Affrettò il passo,
dunque, e raggiunse la chiesetta della Madonna delle Grazie, dove sostò
per lasciare un'offerta nell'apposita bussola.
Mentre frugava nelle tasche per cercare la moneta, gli cadde l'occhio
sulla profonda ed oscura forra che precipita nel torrente Bitto, e rimase
impietrito: una luce azzurrognola, anzi, una sfera di luce azzurrognola
se ne stava là, sospesa sull'abisso oscuro. Mentre faceva gli
occhi piccoli per cercare di capire di che cosa si trattasse, il suono
della campanella, che squarciò, improvviso, il silenzio, lo fece
balzare indietro per lo spavento. Non c'era nessuno lì, nessuno
nella chiesetta. Eppure la campana diede diversi rintocchi, prima che
la sua voce morisse nel buio di quella notte senza stelle.
Il Sassello tratteneva il fiato, incapace di muoversi. Stava da qualche
istante così, quando un nuovo evento prodigioso si manifestò
ai suoi occhi: la sfera di luce divise in un gran numero di fiammelle,
che salivano, ora, dalla forra verso la chiesetta.
Si scosse, allora, decise di scapparsene via, ma, non appena volse le
spalle alla forra, si trovò davanti una figura che sembrava sbucata
fuori dal nulla. Una figura di sacerdote, molto vecchio e stanco, con
un Messale in mano. Prima che potesse riaversi da quest'ultima sorpresa,
il sacerdote, con una voce calma, profonda,
gentile, gli chiese di aiutarlo a servire Messa. La porta della chiesetta
era aperta, le candele accese. Le fiammelle erano ormai al sagrato della
chiesetta. Il Sassello sentì un'istintiva fiducia in quel prete
canuto, lo seguì nella sagrestia, lo aiutò a rivestire
i paramenti sacri e, quando questi uscì all'altare, lo accompagnò
come i chierichetti fanno all'inizio della Messa. Ma a sorpresa si aggiungeva
sorpresa, a prodigio prodigio: era bastato quel poco tempo trascorso
in sagrestia, perché la chiesa si riempisse di gente. Gente pallida,
mesta, di ogni età, condizione ed aspetto: c'era il pastore e
c'era il signore, c'era la nobildonna e c'era l'umile lavandaia.
Non erano vivi, quelli, era la Messa delle anime defunte, ora lo comprendeva.
Quanti e quali pensieri si affollarono nella sua mente durante la mesta
liturgia, neppure lui avrebbe saputo dirlo. E giunse anche il commiato:
"Ite, missa est". Fu percorso da un tremito, lo prese il timore
che quelle anime defunte, lasciando la chiesetta, se lo portassero via
con sé. Ma così non fu. Uscirono, composte e lente, le
anime. Stava per uscire anche il sacerdote, ma si fermò e lo
guardò. Nel suo sguardo c'era benevolenza e riconoscenza. "Quelle
che hai visto, se non l'hai capito da te stesso, non erano figure di
vivi, ma di morti, di anime che scontano la loro pena nel Purgatorio.
Una pena che ha termine solo con la celebrazione della Messa dei morti,
ma questa è possibile solo con la presenza di un vivo. Tu l'hai
resa possibile. Tu hai concesso loro la liberazione dalle pene. Per
questo le anime saliranno in Paradiso, e tu, come premio, sarai fra
loro". Questo gli disse, ed uscì anch'egli, lasciandolo
solo nella chiesetta, in compagnia di un interrogativo che non riusciva
a sciogliere: cosa volevano dire quelle parole?
Basta con i misteri, basta con le apparizioni, ne aveva avuto a sufficienza.
Di buona lena, riprese il cammino. Non vedeva l'ora di raggiungere
la casera di Pedena, per scoprire, magari, che tutto quanto gli era
successo era solo immaginazione. Scese al ponte Binnocchio, passò
oltre e raggiunse quello di Pedena. Per far prima, non passò
per quel ponte, ma prese a sinistra, alla curva di monte Scala, imboccando
un sentiero che corre nel cuore di un fitto bosco. Dopo pochi passi,
eccolo ad un ponticello di legno. Stava per passarlo, quando acadde
un nuovo prodigio. Una luce, rossastra, illuminava il sentiero. Una
figura prese corpo dentro quella luce, proprio nel mezzo del ponticello.
Una figura difficile da descrivere. Ad un primo sguardo la si sarebbe
potuta scambiare per un uomo nudo, basso, tarchiato. Ma poi, ad un esame
più attento, quella figura sembrava avere ben poco di umano.
Un viso gonfio, pieno di bitorzoli, con due grandi orecchie simili a
quelle di un maiale, due corna in cima alla fronte, due occhi che sembravano
tizzoni ardenti. I piedi, poi, erano deformati, sembravano zampe di
uno strano animale, un misto fra una capra ed un maiale. Ed un gran
puzzo di zolfo confermava che niente di umano stava di fronte al Sassello.
Lui non ebbe dubbi: questo è il diavolo! Si fece, prontamente,
il segno di croce. E la figura reagì subito, con una voce irata,
terribile: "Come osi! Non sai chi hai di fronte? Io solo il signore
di tutte le creature del bosco. E sono anche il tuo signore! Mi devi
prestare obbedienza e venerazione!"
"Non ci penso nemmeno!", fu la risposta pronta e ferma del
pastore. Uno che aveva servito la Messa dei morti, non poteva farsi
spaventare neanche dal diavolo in persona. Fu quello che pensò,
rispondendo senza paura a quell'essere mostruoso.
"Chi sei tu, che osi rispondere così al signore delle tenebre?"
replicò, gonfiandosi e sprizzando scintille, il diavolo. "Io
sono uno che se ne va con le anime salvate in Paradiso": fu questa
la risposta che gli venne. Non sapeva neanche lui perché, ma
gli erano rimaste scolpite nella testa le parole di quel vecchio prete,
ed adesso le aveva sulle labbra.
A quella risposta, Belzebù fu come colpito da uno schiaffo, si
gonfiò ancora di più, fece come se dovesse avventarsi
sul pastore, ma, con un
balzo, saltò giù dal ponte, sprofondando, con un grido
orribile, nella forra. La terra si aprì, lo inghiottì,
poi si richiuse. Si era fatto nuovamente silenzio. Un silenzio pesante
come le gambe del Sassello. Ne aveva viste troppe. Era stremato. Chiamò
a raccolta le ultime energie, varcò il ponticello e riprese a
salire nel bosco. Non sapeva neppure lui come, ma alla fine ne uscì,
alla casera di Pedena. Intanto qualche stella era apparsa in cielo,
ma era anche venuta l'ora in cui la luce delle stelle è coperta
da quella dell'alba. Bussò, con la poca forza che gli restava,
alla porta della casera. Vennero ad aprire i suoi amici, ma non lo accolsero
come si sarebbe aspettato. Non gi sorrisero, non lo salutarono. Rimasero
sulla porta, un po' interdetti. "Chi siete, buon uomo?", gli
chiesero.
Cosa accadeva? Era, questo, l'ultimo progigio? Non bastavano quelli
della notte? Ne doveva accadere uno anche all'alba?
Rimasero così, il Sassello ed i suoi amici, per diversi istanti,
e non avresti saputo dire chi era più stupito. Alla fine fu il
Sassello a rompere il silenzio: "Amici, chi volete che sia, sono
io". Lo riconobbero dalla voce. Era Dario. Ma non era più
lui. Non era più il Dario nel fiore della giovinezza, il loro
compagno di scherzi, avventure, camminate. Avevano di fronte un vecchio,
curvo e canuto. Se n'era reso conto il Sassello? Nessuno lo saprà
mai. Si racconta solo che chiese di entrare e di coricarsi, perché
non ce la faceva più. Non gli fecero alcuna domanda. Lo accompagnarono
al giaciglio e, per non disturbarlo, uscirono, per regolare le mucche.
Si addormentò subito, il Sassello, e nessuno seppe mai quali
furono gli ultimi suoi pensieri. Quando tornarono gli amici, era quasi
mezzogiorno, lo chiamarono, per farsi raccontare cosa gli era successo.
Invano. Il Sassello non si destò. Era andato in Paradiso, come
gli aveva predetto il vecchio prete. Questo era stato il suo premio
per aver servito la Messa dei morti ed aver resistito alle tentazioni
del demonio.
Da allora questo tragitto fu denominato “Sentiero dei Misteri”,
e si dice che, percorrendolo nelle notti di luna piena, si abbiano buone
probabilità (o si rischi molto, a seconda dei punti di vista)
di essere testimoni di eventi arcani, prodigiosi, terribili.
Scettici? Beh, ciascuno prenda la leggenda come meglio gli aggrada. Quel che è
certo è che percorrere il sentiero è sicuramente un’esperienza
escursionistica interessante, anche se, prima di farlo di notte, è
assolutamente consigliabile memorizzare il percorso di giorno, perché
c’è qualche punto un po’ esposto e si attraversano
un paio di prati al limite dei quali non è facile ritrovare la
traccia, se manca la luce del giorno.
Per gli escursionisti
Partiamo, allora, dalla piazza
S. Antonio di Morbegno e, seguendo le indicazioni per Albaredo-passo
di San Marco, raggiungiamo il bellissimo paesino che è cuore
della valle omonima (m. 898). Visitata la bella chiesa che è
guardata a vista da un leone (simbolo della potenza della Serenissima,
dal commercio con la quale la valle traeva ricchi vantaggi), incamminiamoci
sulla via Priula (la troviamo poco a destra del ristoro “Il cumpanadech”),
superando l’arcana val Viaga e la più aperta valle Fregera.
In corrispondenza del ristoro Via dei Monti, attraversiamo la strada
asfaltata che conduce al passo e, percorrendo una strada sterrata, raggiungiamo
l’oratorio della Madonna delle Grazie (m. 1157). Fin qui possiamo
giungere anche con l’automobile: poco più di quattro chilometri
oltre Albaredo troviamo, infatti, la deviazione a destra conduce al
parcheggio nei pressi dell’oratorio. Scendiamo, poi, seguendo
l’elegante tracciato della via cinquecentesca, fino ad un primo
ponte (il ponte Binnocchio), che attraversa il torrente della valle
Piazza, per poi raggiungere un secondo ponte, sopra il torrente della
valle di Lago.
Appena prima del ponte, sulla sinistra, parte il Sentiero dei Misteri,
segnalato da un cartello di colore blu. Il sentiero, in breve, raggiunge
un terzo ponte, che, dopo l’apparizione di cui narra la leggenda,
venne chiamato ponte del diavolo. Il ponte permette di attraversare
il torrente della valle di Lago, per poi risalire lo stretto crinale
di un dosso, che guarda, da entranbi i lati, su profonde forre. Dopo
una breve uscita dal bosco, presso la cascina Scala (che si può
raggiungere staccandosi, sulla sinistra, dal sentiero), il sentiero
rientra
nell’atmosfera sospesa del bosco. Raggiunta una ripida ed ampia
radura, la si risale, per rientrare nel bosco alla sua sommità,
sul lato destro (un secondo cartello ci aiuta a ritrovare la traccia).
Dopo un’ulteriore traversata, che ci fa progressivamente avvicinare
al tracciato della strada asfaltata che corre più in alto, raggiungiamo
alcuni secchi tornantini e saliamo ad intercettarla, quasi inaspettatamente.
Uno scenario ben diverso si apre, allora, ai nostri occhi: dall’arcano
regno delle ombrose (o tenebrose, di notte) fronte, eccoci consegnati
alla luminosa presenza della valle Pedena, coronata dall’ampia
e tranquilla sella del passo omonimo.
Se non vogliamo tornare per la medesima via di salita, possiamo percorrere
un elegante anello che ha il suo punto più alto nel passo di
san marco. Siamo a quota 1560, e dobbiamo incamminarci lungo la strada
che porta al passo. Dopo la casera di Pedena, si incontra quella d’Orta
(m. 1724). Sotto la casera si trova l’alpeggio omonimo, uno dei
più pregiati della valle. Dopo diversi chilometri, appare finalmente
il passo (m. 1992), facilmente individuabile per i tralicci che lo valicano.
Oltre il passo si può scorgere, tempo permettendo, uno spaccato
dell’alta val Brembana. Dalla leggenda alla storia: il ritorno
può avvenire su un tracciato di notevole rilievo storico, la
già citata via Priula, che abbiamo lasciamo appena prima dell’imbocco
del ponte sulla valle di Lago. Questa via cinquecentesca assicurava
i transiti commerciali da e per il territorio bergamasco, controllato
da Venezia. Il suo percorso scende, elegante, lungo il fianco occidentale
di un dosso, per poi valicarlo e, piegando leggermente a destra, raggiungere
l’alpe di Orta vaga. La discesa prosegue ed il sentiero, attraversato
il torrente della valle, entra nel bosco, con un tracciato che taglia
il lungo dosso della Motta.
Al termine del dosso si raggiunge il dosso Chierico (m. 1219), splendida
oasi di pace che improvvisamente precipita, con la più ripida
fra le forre del Bitto, nel cuore oscuro della valle.
Ma noi, seguendo il tranquillo sentiero (che si fa comoda carrozzabile),
scendiamo, in breve, al ponte della valle di Lago, per poi tornare,
con un ultimo sforzo in salita, all’oratorio della Madonna delle
Grazie, dopo circa 5 ore di cammino, con un dislivello di circa 950
metri. Se, invece, ci limitiamo a risalire il Sentiero dei Misteri,
per poi tornare per la medesima via, le ore si riducono a 3, ed il dislivello
è di circa 520 metri. Se, infine, vogliamo partecipare ad una
sorta di kermesse estiva che celebra la memoria di questi eventi prodigiosi,
potremo, con ampia compagnia e nella cornice di una suggestiva manifestazione,
salire sul far delle tenebre, per approdare ad un ristoro organizzato
alla casera di Pedena.