IL CRAP DEL DIAUL
L'ira del diavolo nella valle del Davaglione (leggenda)
Testi a cura di M. Dei Cas
Nelle
leggende la figura del diavolo appare sotto una duplice veste. Da un
lato si mostra come il Principe delle Tenebre, l’artefice primo
dei danni materiali e spirituali che affliggono l’umanità,
il signore cui recano omaggio le varie creature che la paura popolare
ha immaginato nella schiera degli esseri malefici, prime fra tutte le
streghe. Dall’altro viene presentato come una figura dai tratti
più sfaccettati, nel linguaggio contemporaneo si direbbe un perdente,
che vede sfumare miseramente i suoi progetti, ed alla fine, magari,
sembra più un povero diavolo che un terribile artefice di male.
E’ questo il caso del Diavolo del Davaglione, o di San Giovanni,
la bella località che si trova, a 1000 metri di altitudine, fra
i boschi del versante occidentale della valle del Davaglione, sopra
Montagna in Valtellina, a 7 km dal centro del paese. A San Giovanni
si trova una graziosa chiesetta quattrocentesca, il cui campanile si
può scorgere anche da lontano, perché si erge al di sopra
della linea di larici ed abeti. La chiesetta, dedicata a San Giovanni
Battista, venne poi restaurata in due successivi momenti, nel Seicento
e nel 1707, e mostra, sul lato destro della facciata, un affresco tardo
cinquecentesco, che raffigura il battesimo di Cristo, episodio evangelico
che riguarda, appunto, San Giovanni Battista. Questo raccontano le cronache
ed i documenti ufficiali.
Una diffusa leggenda popolare, però, aggiunge alcuni particolari
suggestivi. Pare che l’edificazione di questa chiesa fosse un
evento così significativo, che il diavolo chiese a Dio di potervi
contribuire. Non gli fu detto di no, ma gli venne posta una condizione
ben precisa: doveva portare a valle il masso più grande del “gandon
de Mara”, cioè della grande ganda che si stende, nell’alta
alpe di Mara, ai piedi del versante meridionale dell’omonimo corno.
Non
solo, ma doveva portarlo sul sagrato della chiesa prima che ne venisse
ultimata la costruzione e che suonassero le campane della cerimonia
di consacrazione. Non era una condizione da poco, perché il masso
era assai pesante, ed anche un diavolo ha il suo bel daffare per caricarselo
sulle spalle e portarlo giù, diverse centinaia di metri più
in basso. Ma il diavolo non si perse d’animo, cercò il
masso, se lo mise in spalla e cominciò a scendere sbuffando.
Aveva calcolato male i tempi: quando giunse, non fece neppure in tempo
a deporre a deporre il macigno, che le campane cominciarono a suonare,
annunciando la consacrazione della chiesa, già bell’e terminata.
Rimase, è proprio il caso di dirlo, scornato, perché,
alla fatica inutile che aveva fatto, si aggiungeva la figuraccia di
fronte a tutte le autorità che erano convenute per l’occasione.
Il diavolo, si sa, non è anglosassone, e quel giorno perse veramente
le staffe. Immaginate la scena: divenne ancor più rosso per l’ira
e l’umiliazione, con quel macigno che aveva ancora sulle spalle,
e, dopo qualche istante di smarrimento, lo scagliò con violenza
sul sentiero. Poi, un po’ per l’ira, un po’ per lo
sconforto, cominciò a piangere, e pianse, e pianse tanto che
le lacrime formarono veri e propri ruscelli, che scesero giù,
nel cuore della valle del Davaglione. Ma la terra si ritraeva al loro
passaggio, per cui si formarono tante piccole guglie di terra, che ancora
oggi si possono ben osservare, proprio al centro della valle.
E il masso? Una grosso frammento, che reca ancora l’impronta del
diavolo, finì proprio in cima ad una di queste piramidi di terra,
e lì sta ancora, in una posizione curiosissima, quasi impossibile,
a mo’ di cappello. Possiamo facilmente andarlo a visitare, anche
se del diavolo non troveremo più traccia, perché da allora,
forse per la vergogna, sembra non si sia fatto più vedere da
queste parti.
Da
San Giovanni dobbiamo imboccare la strada asfaltata che si dirige verso
est, cioè verso il torrente Davaglione, che attraversa su un
ponte, per poi scendere, sul versante opposto, ad intercettare la strada
che da Montagna sale all’alpe Mara. Lasciamo l’automobile
nei pressi del ponte ed incamminiamoci su un sentierino sulla sinistra
del torrente. Superiamo una prima briglia, poi, a breve distanza, una
seconda. Ora prestiamo attenzione: appena sopra la seconda briglia,
guardando sul versante boscoso della montagna alla nostra sinistra,
ci apparirà, improvviso e sorprendente, il “Crap del Diaul”.
Il masso non è grande, ma poggia su una piramide di terra di
circa quattro metri, e l’effetto è davvero curioso, anche
perché è circondato da un bel bosco, e non da terreno
brullo o terroso. Ci sono diverse altre piramidi di terra, ma sono più
a monte, e da qui non si vedono (possono, invece, essere osservate percorrendo
la strada per l’alpe Mara).
Queste zone sono davvero belle, soprattutto in autunno ed in primavera,
e potremmo approfittarne per effettuare qualche bella escursione.
San Giovanni può essere, innanzitutto, punto di passaggio per
un facile anello di mountain-bike, con partenza ed arrivo dal centro
di Montagna in Valtellina (o anche da Sondrio). Dal centro, infatti,
possiamo salire, sulla sinistra verso Ca’ Paini e Ca’ Bongascia,
raggiungendo, infine San Giovanni; proseguendo verso destra, possiamo,
poi, attraversare, come già detto, il Davaglione, e cominciare
la discesa che ci conduce alla strada Montagna-Mara, la quale ci riporta,
dopo circa 14 km, al centro di Montagna.
Se,
invece, siamo a piedi, possiamo salire, seguendo la strada asfaltata,
al bel maggengo di Carnale, che si trova a circa 1,5 km da San Giovanni,
a quota 1220 metri, sul largo dosso che separa la media Valtellina dalla
bassa Val di Togno. Una stradina in cemento porta alle case superiori
di Carnale, dove parte il sentiero per la val di Togno, segnalato da
un cartello e da qualche bollo giallo-viola. Da qui si può scorgere
anche una parte del versante occidentale della Valmalenco, che include
il monte Disgrazia. Il sentiero per la val di Togno è assai interessante:
dopo aver guadagnato circa un centinaio di metri di quota, comincia
ad abbassarsi gradualmente, tagliando un versante scosceso, fino al
corpo di una frana, attraversato il quale raggiunge il fondovalle. Qui
troviamo un ponte che ci permette di oltrepassare il torrente Antognasco
e di raggiungere il rifugio Val di Togno, a 1317 metri.
A noi interessa, però, un secondo e meno conosciuto itinerario
escursionistico. Proprio sul crinale del dosso troviamo, segnalato da
un cartello, il sentiero che, salendo in un bosco di una bellezza incatata
e fiabesca, porta alla Crus, cioè alla Croce di Carnale. Il sentiero
è abbastanza ripido nel primo tratto, e risale una pineta dalla
bellezza davvero fiabesca. Rimane, nella salita, sempre nei pressi del
crinale del dosso e permette, in diversi punti, di godere ottimi squarci
panoramici sulla catena orobica orientale. Sul sentiero troviamo, anche,
una deviazione a destra (che ignoriamo) per i prati di Stodegarda.
La
croce si trova in una panoramica radura, a quota 1569. Essa non è
però posta sulla sommità del dosso: il sentiero prosegue
fino alla poco evidente sommità del Dosso della Foppa, a quota
1629. Il cammino da Carnale alla sommità del dosso richiede circa
un'ora di cammino, per superare circa 330 metri di dislivello. Ma possiamo
proseguire ancora: dopo un tratto quasi pianeggiante, il tracciato,
sempre sul filo del lungo dosso, riprende a salire, in uno senario sempre
incantevole, che regala, sulla nostra sinistra, anche suggestivi scorso
sui Corni Bruciati ed il monte Disgrazia. Raggiungiamo, così,
quota 1840, e troviamo un casello dell’acqua, in cemento. Qui
giunge anche, dall’alpe Mara, un tratturo che è stato tracciato
per consentire la raccolta della legna: possiamo utilizzarlo per lasciare
il sentiero alla nostra sinistra e scendere verso destra all’alpe.
Nel primo tratto di cammino, passiamo ai piedi di una specie di grande
cimitero di alberi: il fianco del dosso alla nostra sinistra, infatti,
che culmina con un gruppo di roccette a quota 2000, è costellato
di moncherini d’albero, resti di un incendio che lo ha privato
di un bellissimo bosco, conferendogli un aspetto un po’ sinistro
ma suggestivo. Se, invece, guardiamo davanti a noi possiamo distinguere
il grande Dosso Liscio, e, alla sua sinistra, la sella che lo separa
dal più modesto Dosso Bruciato: si tratta di mete di ulteriori
escursioni, facili ed estremamente panoramiche, che hanno come base
l’alpe Mara.
Il tratturo conduce al primo tornante destrorso (per chi sale) della
pista che dall’alpe Mara prosegue verso il grande e solitario
edificio della casera dell’alpe (m. 1951), passa a valle di un
casello dell’acqua (qui parte, sulla destra, il sentiero che raggiunge
la bocchetta di Mara, a quota 2342, facile porta di accesso all’alta
val Rogneda, sopra Tresivio) e termina al rifugio Gugiatti-Sertorellli,
a 2137 metri.
E’ interessante osservare che al rifugio si può giungere
anche proseguendo la salita lungo il dosso che parte da Carnale, ed
anzi si può andare anche oltre, fino ad una piccola croce in
legno poco sotto un’evidente sella erbosa quotata m. 2289. Dalla
sella possiamo, poi, scendere facilmente, sulla destra, alla bellissima
Piana dei Cavalli (o Pian dei Cavalli), percorrendo la quale ci ritroviamo
al limite del grande “gandon de Mara”, dove possiamo constatare
che, con tutta probabilità, gran parte del tempo il diavolo dovette
perderlo a cercare quale fosse effettivamente il più grande fra
i massi che vi sono disseminati. Siamo proprio ai piedi della più
celebre cima della zona, il Corno di Mara (o Corna Mara, m. 2807), non
difficile da raggiungere. Il percorso di salita, però, non parte
dalla piana, ma dalla sella di quota 2289: un sentierino poco evidente
prosegue salendo sul filo del dosso, fino ad introdurre ad una grande
conca disseminata di sfasciumi: tagliata la conca in diagonale, verso
il vertice opposto a quello raggiunto, possiamo risalire, con un po’
di attenzione, un canalone che ci fa guadagnare il crinale. Un ultimo
tratto verso destra ci porta all’asta metallica che segnala la
cima.
Torniamo alla Piana dei Cavalli: la discesa all’alpe Mara (m.
1749) è assai facile, basta guadagnare, oltrepassando alcune
baite, la pista che sale al rifugio Gugiatti-Sertorelli. Per tornare
dall’alpe a San Giovanni possiamo sfruttare la tranquilla, ma
un po’ monotona, carrozzabile che, oltrepassato il Davaglione
da ovest ad est, passa a monte scende a Montagna, passa a monte dell’alpe
Arcino (m. 1748) e scende alle baite del Dos de Agnisc (Onisco, m. 1515,
a 9,3 km da Montagna) ed a quelle di Scessa (m. 1272), dove al fondo
sterrato si sostituisce quello in asfalto. Nella prima parte della discesa
possiamo anche sfruttare una bella mulattiera che scende più
diretta nei boschi, tagliando in diversi punti la carrozzabile. Scendendo
ancora, raggiungiamo la località Bèdola (m. 1030), dove,
sulla destra, troviamo la deviazione per San Giovanni, cioè la
strada asfaltata che porta al ponte sul Davaglione e di qui al punto
di partenza dell’anello. L’anello San Giovanni-Carnale-Croce-Alpe
Mara-San Giovanni richiede circa 4 ore e mezza di cammino, per superare
840 metri di dislivello in salita.
Nella discesa dall’alpe Mara a Bèdola troviamo due deviazioni
segnalate, legate ad altre interessanti opportunità escursionistiche,
fra le molte offerte dalla valle del Davaglione. Torniamo alla discesa
dall’alpe Mara: oltrepassato il Davaglione, troviamo, sulla carrozzabile,
alcune baite e, subito dopo, sulla sinistra, una pista che si stacca
da quella principale, con un cartello di divieto di accesso per i non
autorizzati. Un cartello segnala che si tratta della pista per Boirolo,
dato ad un’ora e mezza di cammino (in realtà un’ora
è sufficiente). Si tratta del bell’alpeggio che si stende
sui prati sopra Tresivio, fra quota 1330 e 1600 circa.
La pista si addentra sul fianco occidentale della val Rogna, in uno
scenario selvaggio e bellissimo, attraversando alcuni canaloni che però,
in presenza di neve, sono a rischio di slavina. Superato, a 1735 metri,
il più grande canalone, quello della valle del Solco, la pista
si interrompe bruscamente, per lasciare il posto al vecchio sentiero
Mara-Boirolo, segnalato da alcuni segnavia rosso-bianco-rossi. Questo,
oltrepassati alcuni valloncelli, perde leggermente quota e si porta
nel cuore della valle, dove un ponticello in legno, a quota 1670, permette
di oltrepassare il torrente Rogna. Ci portiamo così sul lato
orientale della valle, dove, con percorso più breve, il sentiero
si affaccia alla parte alta dei prati di Boirolo, cominciando, nell’ultimo
tratto, una decisa discesa. Uscito
dal bosco, infatti, cala sulle baite più alte dell’alpe,
poste sul suo limite occidentale (di destra, per chi scende), raggiungendole
in corrispondenza di un casello dell’acqua. Si tratta di una bella
traversata, che va messa in programma se si amano gli scenari solitari
e selvaggi.
Torniamo alla carrozzabile Mara-Montagna: scendendo ad Onisco, troviamo,
ad un tornante sinistrorso (per chi scende), una seconda deviazione
segnalata, sulla destra: si tratta della pista che porta agli alpeggi
di Davaglione piano (m. 1405) e Stodegarda (m. 1583), che si stendono
su bellissimi prati nel cuore della valle del Davaglione e rappresentano
la meta di un’ulteriore variante escursionistica.