Piccola e solitaria laterale della Val di Mello

 

 

 

Comune di
Val Masino


La Val Qualido. Foto di M. Dei Cas

L'immane parete del Qualido fa sentire all'escursionista che risale la valle tutta la sua pochezza. Foto M. Dei Cas
La val Qualìdo ("val do qualì"), cioè (se è corretto l'etimo da "aqualis", canale) la valle che precipita sul fondovalle come ripido canale, è abbastanza conosciuta da coloro che amano l’escursionismo in Val Màsino, in quanto la sua parte alta (intorno alla quota 2500 metri) viene percorsa da quanti effettuano la tappa Gianetti-
Allievi del Sentiero Roma. C’è poi una categoria molto particolare che ben conosce questa valle, ed è quella degli arrampicatori, che trovano nella celeberrima parete del Qualido una delle palestre migliori per mettere alla propria la propria tecnica ed il proprio virtuosismo. La valle può, tuttavia, essere considerata anche in una terza prospettiva, quella dell’escursionismo di una sola giornata, alla scoperta degli immortali spalti di granito della Val di Mello ("val da mèl"), ma anche dei suo aspetti meno noti, ma non meno affascinanti.
Mi spiego: chi avesse una sola giornata a disposizione e volesse respirare fino in fondo le atmosfere della Val di Mello, avendo già effettuato la classicissima escursione alla capanna Allievi in Valle di Zocca ("val da zòca"), potrebbe scegliere di esplorare proprio la val Qualido, che regala scorci davvero singolari, difficili da trovare nelle valli più conosciute. Se poi fosse un buon camminatore, potrebbe puntare al passo dell’Averta (dal dialettale "avert", cioè aperto), che offre uno dei panorami più belli dell’intero Sentiero Roma. Se, infine, fosse un ottimo camminatore, dal passo dell’Averta potrebbe scendere al rifugio Allievi, osare magari anche il Passo di Val Torrone("pas dò turùn") e tornare, scendendo la val Torrone ("val do turùn"), alla piana della Val di Mello dopo aver effettuato un anello di gran classe (in circa undici ore di marcia si può fare).
Sormontata la grande placca, ci avviamo verso il segmento mediano della valle. Foto M. Dei CasPartiamo, dunque, dal parcheggio della Val di Mello, cui si può giungere, nel periodo fine luglio-fine agosto, solo sfruttando il servizio di bus-navetta che lo congiunge con il paese di San Martino (ricordo però che il periodo migliore per effettuare questa escursione è quello compreso fra la metà di settembre e la metà di ottobre, quando la transizione dei colori dalla tavolozza estiva a quella autunnale regala le policromie più suggestive). Lasciato alle spalle il parcheggio, incamminiamoci sulla pista che si inoltra nella piana della valle. Volgendo gli occhi a sinistra, potremo ammirare il profilo imponente ed arrotondato del Precipizio degli Asteroidi. Dopo circa duecento metri incontreremo, sulla nostra sinistra, un cartello che indica la partenza del sentierino che sale in val Qualido: dobbiamo prestare attenzione a non perderlo, perché il sentiero non è molto visibile. Una volta imboccato, però, non è più possibile perderlo, anche se la sua traccia non è sempre marcata.
Nel primo tratto il sentiero ci fa guadagnare rapidamente quota rimanendo all’ombra (quanto mai gradita nella stagione estiva) del bosco. In questo tratto il percorso si sviluppa sulla sommità di un dosso che viene via via restringendosi, fino a ridursi alla strozzatura dio una formazione rocciosa che viene elegantemente superata sfruttando una vera e propria scalinata nella roccia. Poi si esce dal bosco e ci si trova di fronte ad un’enorme placca di granito, rivestita in superficie da erba e da qualche rada pianta. L'alta valle apre ai nostri occhi il suo volto quasi materno e protettivo. Foto M. Dei CasAlla nostra sinistra la placca precipita nel solco della valle, e, sul lato opposto, incombe l’immane e verticale parete del Qualido, che non possiamo ammirare senza un senso di vertigine. La placca viene superata sfruttando una traccia scavata nella roccia, che la risale con ampi tornanti. Chi la percorre per la prima volta proverà, probabilmente, un certo senso di vertigine, perché in diversi punti si ha l’impressione che essa sia esposta su un baratro profondo.
Alla fine anche la placca è sormontata, e ci ritroviamo in una piazzola erbosa, che precede una piccola pineta, che il sentiero, con una ripida impennata, attraversa. Ci stiamo avvicinando al segmento mediano della valle: ora torniamo allo scoperto e, con una diagonale in leggera salita, guadagniamo un’ampia conca, dove la traccia si perde su un terremo spesso acquitrinoso. I segnavia ci indirizzano verso nord, in direzione delle roccette che si frappongono fra la conca ed il pendio erboso della media valle. Non si tratta, però, di roccette del tutto sicure, perché in alcuni punti sono esposte e, soprattutto se è piovuto di recente, sono percorse da rigagnoli d’acqua che le rendono scivolose e quindi infide (soprattutto per chi scende), senza che vi sia alcuno strumento di assicurazione.
Se, dunque, le troviamo molto bagnate possiamo optare per una soluzione alternativa, che allunga un po’ il percorso ma lo rende più sicuro. Invece di dirigerci verso le roccette, pieghiamo a sinistra, raggiungendo un ben visibile guado che ci permette di attraversare il torrente della valle (operazione che però, se è piovuto di recente, risulta molto problematica, quando non impossibile). la costiera occidentale della valle è dominata dal torrione Qualido. Foto M. Dei CasSul lato opposto potremo trovare, seminascosta nella boscaglia, una traccia di sentiero che sale in un boschetto, fino a perdersi. Non è però difficile continuare la salita a vista, uscendo dal limite superiore della vegetazione ed intercettando una seconda traccia che, percorsa verso destra, ci porta a guadare una seconda volta, in senso opposto, il torrente e ad intercettare, dopo un traverso, la traccia segnalata.
Ma torniamo alle nostre roccette: raggiunto il loro limite superiore, ci ritroviamo su un terreno erboso e più tranquillo. Seguendo i segnavia rosso-bianco-rossi ed effettuando qualche svolta, guadagniamo, sui 2100 metri circa, la radura che costituisce il punto di congiunzione dei due rami della valle. La val Qualido, infatti, ha una conformazione che assomiglia ad una Y rovesciata: noi abbiamo risalito il ramo di sinistra (ovest), che qui si congiunge con quello di destra (est). Guardando giù, sul ramo opposto, scorgiamo i resti della baite quotate 2031 metri, mentre non vediamo il singolarissimo ricovero per il bestiame ricavato nella cavità sottostante ad un enorme roccione.
Sono trascorse circa due ore e mezza-tre dalla partenza, ed abbiamo superato un dislivello di poco più di mille metri. L’escursione potrebbe terminare qui, con una lunga sosta dedicata ad ammirare la bellezza del panorama: verso sud le cime della costiera Remoluzza-Arcanzo, fra la Val di Mello ("val da mèl") e le valli di Sasso Bisòlo e Preda Rossa; verso nord il solco quasi materno e protettivo della valle, che termina con il Lo stretto intaglio del passo dell'Averta chiude il breve canalino che permette di raggiungerlo. Foto M. Dei Casdefilato pizzo del Ferro orientale (m. 3199); verso nord-est la costiera che la separa dalla Valle di Zocca ("val da zòca"), caratterizzata dall’ampia ed inconfondibile placca liscia; verso nord-ovest, infine, la costiera che la separa dalla valle del Ferro ("val do fèr"), sulla quale emerge il torrione Qualido (m. 2647), a nord del quale è posto il passo omonimo.
Se però abbiamo ancora tempo ed energie a disposizione, proseguiamo nella risalita della valle. I segnavia si fanno più radi, ma non possiamo sbagliare: basta procedere tendendo sempre leggermente a destra e seguendo il filo di qualche facile dosso, per poi puntare decisamente a nord, verso il piede del canalino che adduce al passo dell’Averta (dal dialettale "avert", cioè aperto, m. 2540), dapprima nascosto ai nostri occhi, poi via via sempre più visibile come stretto intaglio nella roccia in alto, sinistra. Nell’ultimo tratto della salita ai magri pascoli si sostituiscono i più faticosi massi, finché giungiamo ad intercettare, poco al di sotto dei 2500 metri, il Sentiero Roma, che si accinge a salire al passo dell’Averta. La salita al passo non è difficile, anche se dobbiamo prestare attenzione dapprima ai sassi mobili del canalino, poi all’ultimo tratto nel quale, per superare un blocco di roccia, dobbiamo effettuare un qualche passo che richiede cautela, assistiti dalla corda fissa.
La punta, o cima di Zocca vista dal passo dell'Averta. Foto M. Dei CasIl passo è uno stretto intaglio nella roccia, oltre il quale si apre uno scenario che non si dimentica: l’imponente e corrugata punta di Zocca (m. 3174) sembra lì, a portata di mano, mentre più ad oriente sfilano, in una prospettiva maestosa, le più importanti cime del gruppo, dalla Cima di Castello ("castèl") alla punta Rasica ("rèsga"), dai pizzi Torrone al Monte Disgrazia ("desgràzia"). Questo spettacolo vale, da solo, abbondantemente, le cinque ore circa necessarie per salire al passo.

 

Difficoltà
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Dislivello
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Tempo
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- Cartina Kompass 1:35.000 Val Masino, Val Codera, Costiera dei Cech
Testo e fotografie a cura di M.Dei Cas

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