Il primo comune sul versante orobico
della bassa Valtellina
La
terza grande valle sul versante orobico della bassa Valtellina, dopo
la Val Lesina e le Valli del Bitto di Gerola ed Albaredo, è la
Val di Tàrtano (o Val Tartano), che si congiunge con il fondovalle
all’altezza del grande ed impressionante conoide del Tartano,
all’altezza di Talamona (impressionante perché mostra l’enorme
massa di detriti alluvionali che il torrente Tartano ha scaricato, nella
sua millenaria opera di erosione).
Ha la forma di una Y, in quanto è costituita, nella parte medio-bassa,
da un profondo ed orrido solco, che, all’altezza di Tàrtano
(m. 1200), si apre e biforca, nel due rami della Val Lunga, ad est,
e della Val Corta, ad Ovest. Quest’ultima, a sua volta, si biforca,
all’altezza delle contrade Bagini e Barbera, nella Val di Lemma,
ad est, e nella Val Bùdria, ad ovest.
Per arrivarci, bisogna lasciare la ss. 38 dello Stelvio, imboccando
lo svincolo a sinistra (per chi viaggia da Sondrio a Morbegno) appena
prima del viadotto sul torrente Tartano. Percorso, quindi, un tratto
sulla provinciale Pedemontana Orobica, la si lascia per imboccare, a
destra, la strada per Tartano, che si inerpica, con dieci tornanti,
sul fianco occidentale dell’impervio Crap del Mezzodì.
Si tratta della strada costruita fra il 1956 ed il 1957, che ha consentito,
per la prima volta, l’accesso alla valle di autoveicoli. Dopo
aver superato una breve e caratteristica galleria scavata nella viva
roccia, la strada si affaccia alla valle e, dopo altri due tornanti
conclusivi, raggiunge, dopo 10 km., Campo Tartano (m. 1049), il
primo
dei due più significativi centri della valle (l’altro è
Tartano), posto in una splendida posizione panoramica, dalla quale si
domina la bassa Valtellina fino al lago di Como. In corrispondenza di
Campo, è stato costruito, sul torrente Tartano, uno sbarramento
artificiale, la diga di Colombera, che serve una centrale ai piedi del
versante occidentale del Crap del Mezzodì.
Oltre Campo, la strada prosegue, sul versante orientale della valle,
supera la frazione di Ronco e, dopo l’ardito ponte (ben noto agli
amanti del bungee jumping) che scavalca l’impressionante forra
terminale della Val Vicima, raggiunge Tartano (m. 1200, a 5 km da Campo),
il centro amministrativo della valle (la maggior parte della Val Tartano
rientra, infatti, nei confini del comune di Tartano; il suo angolo nord-orientale,
invece, con le frazioni di Ca’ e Somvalle, l’alpe d’Assola
e la Val Vicima, appartiene al comune di Fòrcola, così
come la Val Fabiolo, per la quale, in epoche remote, scorreva il torrente
Tartano, prima che il suo corso mutasse, volgendo ad ovest).
Da Tartano parte, infine, una carrozzabile che si addentra in Val Lunga
(mentre la Val Corta non è percorribile con mezzi motorizzati),
toccando le frazioni di Valle (m. 1237), Rondelli (m. 1276), Piana (m.
1269), Pila (m. 1317), e passando a valle delle frazioni di Cost, Basìsc,
Dosso dei Principi e S. Antonio (m. 1443, anticamente denominata Sparavera).
Poi la carrozzabile, il cui fondo si fa da asfaltato sterrato, termina,
nei pressi delle ultime frazioni della Val
Lunga,
Teggie, Prà di Ules e Arale (m. 1485), dove si trova anche il rifugio Beniamino.
Ma vediamo qual è stato il volto di questa valle nei secoli passati.
“Prima di giungere… a Talamona, si può vedere dalla
parte sinistra aprirsi, in alto fra i monti, una vallata, la quale si
dice del Tartano, come il fiume che la percorre. Essa si spinge all’interno
fra i monti di mezzogiorno per un miglio tedesco e mezzo, e là
si divide poi in due con valli; per le quali, mediante i rispettivi
valichi, d’estate si può accedere nel Bergamasco. Il torrente
è assai impetuoso e con acque così gelide, che non vi
si trovano pesci. Questa vallata è sparsa qua e là di
frazioni; e fra esse primeggia un notevole villaggio, detto Campo, che
sorge sulla riva destra del Tartano e donde si ammira una magnifica
veduta della bassa Valtellina, verso il lago di Como. Tutta la vallata
del Tartano è senza vigneti e produce soltanto segale, fieno
ed erbaggi: ottimi sono i pascoli e gli alpeggi.” Questi sono
i ragguagli che sulla Val di Tartano ci offre, nel suo resoconto di
viaggio “Raetia”, Giovanni Guler von Weineck, che visitò
Valtellina e Valchiavenna agli inizi del Seicento.
Ecco, invece, quel che ne dice, oltre due secoli e mezzo dopo, la Guida
della Valtellina del CAI di Sondrio, pubblicata nel 1873: “Una
stradicciola partendo da Talamona passa il torrente Tartano a S. Bernardo
e di là inoltrandosi nella valle giunge al villaggio di Campo,
donde si apre una bella vista sul lago di Como; quindi, proseguendo,
entra in una stretta gola, finchè a Tartano (800 m.), la vallata
s’apre e si diparte in due valli minori. Da Talamona a Tartano
due
ore e mezzo circa… La Valle di Tartano è ricca di boschi,
di prati e di pascoli; ha 1367 abitanti che vi dimorano tutto l’anno.
Essi traggono il loro sostentamento quasi unicamente dalla pastorizia;
per mantenere durante il lungo inverno il numeroso bestiame, essi nella
estate raccolgono, con incredibili stenti, ogni fil d’erba che
la natura fa crescere sui ripiani delle scoscese balze, né passa
anno senza che qualche infelice trovi prematura morte fra quei dirupi.
A Tartano e a Campo vi hanno modeste osterie.”
È proprio nell’Ottocento, e precisamente nel 1840, che
la valle ottiene l’autonomia amministrativa da Talamona; nel 1886,
poi, Campo e Tartano sono erette parrocchie indipendenti, staccandosi
sempre da Talamona. I 1367 abitanti censiti nell’ultimo quarto
dell’Ottocento aumentano ancora, fino a raggiungere la cifra di
circa 2000 negli anni Trenta del Novecento. La valle, in questo periodo,
si presenta, dunque, come una comunità alpina estremamente vitale,
disseminata in 40 nuclei abitativi, 13 nel territorio di Campo Tartano
e 27 in quello di Tartano.
Una comunità che ha intrattenuto, per secoli, contatti e scambi
con la vicina Val Brembana (soprattutto con Branzi, dove si vendeva
il suo pregiato formaggio Bitto), per i passi di Dordonella, Porcile
e Tartano, in Val Lunga, non meno che con la bassa Valtellina, alla
quale si scendeva per le due mulattiere storiche della Val Fabiolo e
del dosso della Croce.
Una
comunità in una valle solo apparentemente chiusa, ma in realtà
aperta ad apporti anche insospettati, come quello di piccoli gruppi
della comunità Walser, che, emigrati dal Vallese fra il 1200
ed il 1500, vi portarono la tecnica costruttiva del block-bau o cardana,
cioè della connessione, ad incastro, negli angoli, di grossi
tronchi. Di qui l’aspetto caratteristico di molte baite della
valle, con un piano-terra in muratura (destinato alla cucina) ed un
primo piano in legno (destinato a dormitorio).
Una comunità, ma insieme, anche, molte comunità: ogni
centro conservava gelosamente la propria identità, ed anche le
scuole elementari, fino a non molti decenni fa, erano tre, a Campo,
a Tartano ed alla Piana. La molteplicità delle identità
è stata anche molteplicità dei dialetti, come emerge dall'ottima
opera di Giovanni Bianchini "Vocabolario dei dialetti della Val
di Tartano" (Fondazione Pro Valtellina, Sondrio, 1994).
Una comunità cementata da una fede assai viva, che trovava il
suo luogo di espressione più propria nelle sei chiese della valle
(più importanti fra le quali, ovviamente, erano la chiesa parrocchiale
di S. Agostino a Campo Tartano, di origini medievali, e staccatasi,
con Talamona, dalla pieve di Ardenno nel 1375, e la più recente
chiesa parrocchiale di S. Barnaba a Tartano, che risale alla seconda
metà del secolo XVI).
Poi, nel secondo dopoguerra, la svolta ed il progressivo spopolamento:
il boom economico offre occasioni di lavoro meno faticoso e più
remunerativo sul fondovalle, inducendo gran parte della popolazione,
anche per l’isolamento determinato dalla mancanza di una carrozzabile
che servisse la valle, a lasciarla. Per tamponare l’emorragia
della popolazione e ridare vita alla valle venne, nel 1956, la già
citata costruzione della strada carrozzabile, voluta dal
ministro
Vanoni. Lo spopolamento, però, proseguì per tutti gli
anni Settanta. Oggi il fenomeno si è arrestato, ma la popolazione
è ridotta a circa 550 unità, un quarto circa, rispetto
alla prima metà del Novecento.
La valle sembra, oggi, rivivere anche grazie all’interesse che
assume agli occhi degli amanti dell’escursione (che trovano scenari
incantevoli fra alpeggi e splendidi boschi di abeti rossi e bianchi,
castagni, betulle, faggi, pini silvestri e larici), della riscoperta
delle tradizioni antiche e dello sci-alpinismo. Così l’estate
ma anche i finesettimana invernali restituiscono alla valle una vita
degna della sua bellezza.
Le pagine raggiungibili dalla barra di navigazione in testa alla presente
vogliono essere un piccolo contributo per la riscoperta, ammirata e
rispettosa, di questo angolo alpino nel quale il tempo non ha avuto
così fretta di precipitarsi in avanti.
Per chi volesse approfondire l'incontro con questa valle, consigliamo
il volume di Dario Benetti e Paul H. Stahl "Le radici di una valle
alpina", edito dalla Cooperativa Editoriale Quaderni valtellinesi
(1996).