Rifugio La Baita

In Val di Rezzalo, a 1866 metri
mappamondo stilizzato Partenza :
Fumero (m 1463)

Arrivo :
Rifugio La Baita (m 1866)
Dislivello Complessivo :
m 400
Tempo di percorrenza :
1 h
Elementi di interesse :

Itinerario Sintetico :

Bellezza ( 4 / 5 )
Fatica ( 2 / 5 )
Pericolosità ( 2 / 5 )

MAPPA

Coordinate GPS : 46.358639° N 10.418917° E

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DESCRIZIONE DELL'ESCURSIONE

Autore: M. Dei Cas

Il rifugio Baita in Val di Rezzalo è un ottimo punto di appoggio per chi desideri conoscere questa splendida valle che, dal punto di vista naturalistico e paesaggistico, è una delle più interessanti, anche se non una delle più frequentate, dell’Alta Valtellina. Essa offre opportunità diverse: dalla semplice passeggiata in uno scenario aperto, luminoso e tipicamente alpestre, alla più impegnativa escursione al Passo dell’Alpe, dal percorso in mountain-bike, reso possibile da un tracciato quasi interamente ciclabile per la presenza di una strada militare, a quello sci-alpinistico, che offre una lunga ed indimenticabile opportunità di scivolare dal punto di arrivo degli impianti di risalita di Valfurva fino a Fumero, nella bassa Val di Rezzalo. Il tutto in una sinfonia di colori e luci che ricorda valli ben più famose, ma non per questo più belle. Si trova nel territorio del comune di Sondalo e si presenta come una diramazione laterale ad oriente della Valdisotto, che confina ad est con la Valle del Gavia, in territorio della Provincia di Brescia. Si tratta anche di un ambiente protetto, in quanto rientra nel Parco nazionale dello Stelvio. Vediamo come arrivarci. Lasciamo la ss. 38 dello Stelvio all’uscita de Le Prese (successiva a quelle di Grosio e Sondalo), imboccando, poi, subito la deviazione a destra per Frontale (m. 1166), che raggiungiamo dopo circa un chilometro e mezzo di salita. Il nome del paese deriva dalla sua collocazione su un bel poggio che sta di fronte e quindi guarda al fondovalle. Oltrepassato il paese, continuiamo a salire verso Fumero, porta di accesso alla media Val di Rezzalo: la strada si fa più stretta e guadagna decisamente quota con una serrata serie di tornanti. Nell’ultimo tratto prima del paese attraversiamo un’impressionante galleria paramassi (qui la carreggiata è tanto stretta da costringere ad un senso unico alternato). Subito dopo, usciamo in vista delle case di Fumero (m. 1464, a 6 km da Le Prese), che deve forse il suo nome alle dense nebbie che, nelle giornate di tempo cattivo, sembrano scendere dalla valle. Oltrepassiamo, quindi, la chiesetta consacrata, il 31 agosto del 1506, a S. Antonio Abate, ma dedicata anche alla scoperta della Vera Croce, cioè della croce alla quale fu crocifisso Gesù Cristo. Questa devozione è legata ad una leggenda, secondo la quale un ramoscello dell’albero della conoscenza del bene e del male, del cui frutto avevano mangiato Adamo ed Eva, aveva germogliato e prodotto un albero cresciuto proprio sopra la tomba di Adamo. La regina di Saba aveva profetizzato al saggio Salomone che a quell’albero sarebbe stato sospeso colui che avrebbe segnato la fine del regno dei Giudei; allora Salomone, per scongiurarla, aveva fatto seppellire l’albero sotto la piscina sacra posta nei pressi del Tempio di Gerusalemme. Ma, proprio pochi giorni prima della Passione, i suoi rami riaffiorarono, e furono recisi per costruire la croce cui venne, appunto, appeso Gesù. Questa croce era per i medievali oggetto di una straordinaria devozione, per cui ad essa vennero dedicate diverse chiese. Questa, in particolare, deve molto anche alla devozione degli abitanti che furono costretti, nei secoli scorsi, ad emigrare a Venezia, lavorando come facchini. La strada asfaltata, che passa a destra della cinquecentesca chiesetta di S. Antonio Abate, termina poco oltre, ad una piazzola che funge da parcheggio. Potremmo, per la verità, percorrere ancora un tratto sterrato, fino alla località di Fontanaccia, a 1498 metri, dove termina il percorso aperto a tutti i veicoli: la pista che parte da qui, oltre che presentare un fondo irregolare, è chiusa al traffico dei veicoli non autorizzati. Un cartello ci informa che parte da qui un lungo percorso (13 km), privo di difficoltà, che richiede 5 ore di cammino ed è contrassegnato dai numeri 22 e 19. Si tratta del percorso che, valicato il passo dell’Alpe (m. 2461), in fondo alla valle, scende nella valle dell’Alpe, laterale della valle del Gavia, fino al ponte dell’Alpe (m. 2293), sulla strada che da S. Caterina Valfurva sale al passo di Gavia, per poi proseguire, in Valle di Gavia, verso il passo (destra), fino al rifugio Berni (m. 2591). Avendo a disposizione due automobili, lo si può percorrere interamente; in caso contrario, è comunque assai gradevole ed affascinante una salita al passo con ritorno per il medesimo itinerario di andata. L’itinerario sfrutta una pista tracciata durante la Prima Guerra Mondiale, nel quadro di un articolato sistema di opere difensive volte a prevenire gli effetti disastrosi di un eventuale sfondamento austriaco sul fronte dello Stelvio e dell’Adamello. Il presidio del passo dell’Alpe, in tale ottica, sarebbe stato di fondamentale importanza per un’eventuale controffensiva. La pista è stata successivamente allargata, ed ora è carrozzabile fino alla località di Tegiacce, ad una quota di 2218 metri. Questi 8 km di pista, da Fumero a Tegiacce, rappresentano, per la pendenza media non eccessiva, anche un ottimo percorso di mountain-bike. La prima parte della pista si sviluppa su diversi tornanti, nella fresca cornice di splendidi boschi di abeti rossi: il torrente Rezzalasco corre a poca distanza, sulla destra, ed in diversi punti, lasciando la strada, possiamo raggiungerne facilmente la riva ed ammirare il gioco di luci generato dalle acque che scendono impetuose. La pendenza è abbastanza marcata, per cui guadagniamo quota con una certa rapidità, raggiungendo la località Le Gande, a 1733 metri, dove sgorga una sorgente copiosa, le cui acque confluiscono nell’acquedotto di Sondalo, servendo anche l’ospedale regionale Morelli. Poi usciamo dai chiaroscuri del bosco, ed approdiamo alla splendida conca verde che ospita le baite di Macoggia (m. 1853, sul lato opposto della valle rispetto a quello che percorriamo, cioè sul lato di destra per chi sale) e di San Bernardo (m. 1851). Nel cuore del pianoro, cui fanno corona, sul fianco montuoso, splendidi boschi di larici, con un ricco sottobosco di rododendri e mirtilli, spicca la chiesetta dedicata a S. Bernardo di Chiaravalle e consacrata nel 1672. La scelta della dedicazione appare quanto mai azzeccata: il grande monaco del XII secolo, infatti, fondatore dell’ordine dei Cistercensi, esortava a fuggire dalle città, per trovare la salvezza nelle foreste e nei luoghi solitari, fra alberi e pietre. E qui, forse, in una giornata lontana dal cuore della stagione estiva, si sarebbe sentito a casa sua, immerso nella profonda solitudine montana. Una targa, nei pressi della chiesa, ci riporta, invece, a tempi molto più vicini ai nostri, in quanto ricorda il contributo della valle alla lotta della Resistenza durante la Seconda Guerra Mondiale. Siamo ormai alla meta: un cartello ben visibile ci indirizza alla salitella che conduce all’edificio del rifugio, che raggiungiamo dopo circa un’ora di cammino.

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